Condivido qui di seguito un racconto motivazionale, narrato in prima persona, che ho scritto di recente, “L’autista della fede”.
L’autista della fede
Voglio raccontare una strana storia, una vicenda che mi ha visto come protagonista, una volta, e mi ha dato coraggio.
Il mio nome è Rebecca, Rebecca Lagrua.
Ero molto stanca quella mattina, quando aspettavo il bus che per l’ultima volta avrebbe dovuto portarmi nel posto dove lavoravo. Era il mio ultimo giorno, non potevo crederci. Le mie mani fremevano, ero triste e agitata, mi sentivo come se avessi fatto un salto nel vuoto.
Non avevo dormito molto, ma avevo pensato, pensato tanto. Sapete? Come quando si pensa a che direzione prenderà dopo la tua vita, sì, dopo che hai fatto una certa scelta. Le scelte sono fondamentali, determinano chi diventeremo nel futuro, perchè la nostra vita è una collezione di momenti determinanti.
Di pancia avevo scelto ciò che pensavo fosse più giusto per me, ma una parte di me si arrovellava, era trattenuta dalla paura. Ebbene, quella mattina, la mia corriera arrivò come al solito, per prendere me e altri passeggeri che prendevano lo stesso mio treno e portarci in città, chi al lavoro, chi a casa dopo il turno di notte. Solo che quel giorno ero sola, non c’era nessun altro oltre a me. Dal bus è scesa allora una donna che non avevo mai visto. Mi ha guardato e mi ha fatto cenno con la mano, come se mi conoscesse. Mi sono guardata intorno, ma lei stava salutando e guardando proprio me. Ho fatto un passo avanti.
“Sì, tu! Devi andare in città vero? Ma sei sola? Non c’è nessun altro con te?”
Ho annuito. Poi siamo salite sul bus. Io ero persa nei miei pensieri. Allora la donna, cercando di essere amichevole, mi ha chiesto chi fossi e come mi chiamassi.
Le ho detto: “Sono Rebecca.”
“Come va Rebecca?”
Ho tirato un sospiro, riflessiva.
“Eh, va bene, oggi è il mio ultimo giorno di lavoro qui.” ho risposto a quella donna che sembrava trattarmi come un’amica o una figlia. Era un personaggio molto misterioso, invero.
Lo dissi in modo contento, ma la donna notò la preoccupazione nella mia voce.
Non avevo finito di parlare che le ruote del bus si sono improvvisamente bloccate. Eravamo sole e non riuscivamo più a partire. La donna, allora, ha fatto un lungo e profondo respiro, ha messo le mani sul volante e ha iniziato a dire “Fede”, “Fede”, “Fede”. E io nella mia mente ho pensato alla decisione presa.
Per un istante lunghissimo, mi sono domandata assurdamente se quella donna non fosse in realtà un angelo travestito da comune autista di autobus. Le sue parole mi hanno trasmesso una calma e una tranquillità inverosimili, poi ha incominciato a correggersi e a dire che doveva chiamare un certo Fede, che in realtà era un suo collega, Federico perchè la aiutasse a risolvere il problema. Alla fine, ci hanno aiutato alcuni autisti che stavano smontando e per caso passavano di lì. Ma non dimenticherò mai quel momento, non sapevo che direzione avrebbe preso allora la mia vita, ma oggi, a distanza di anni, ricordo ancora quell’avvenimento con un sorriso, perchè quel briciolo di fede mi ha portato tante cose buone, esattamente dove dovevo essere.
Se incontrate un autista o qualcuno che vi dà dei segni, beh, fidatevi del flusso. Spesso quella persona, senza neanche saperlo, è lì per una ragione, per indirizzarvi o darvi il consiglio di cui avevate bisogno.

A cura di Franny.
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