Segue un racconto natalizio, che ho scritto di recente, per includerlo nella nostra Serie “E’ quasi Natale”:
Abe, un abete speciale
C’era, in un paesino non lontano dal villaggio di Babbo Natale, una foresta di abeti incantati, che si animavano e parlavano fra di loro, di giorno e di notte. Erano una generazione particolare, venuti su e moltiplicatisi da un’unica speciale pianta, che era stata collocata in quel luogo, tempo addietro, da quelli che si vociferava fossero gli antenati stessi di Babbo Natale e degli elfi, suoi amici.
Si diceva che questi abeti avessero un compito ben preciso, ma, dato che esso non era rimasto scritto negli annali degli elfi e che tali alberi, per longevità, tendevano ad avere una memoria piuttosto settoriale e limitata, nessuno sapeva più quale fosse.
Guardavano le stelle, danzavano alle onde del vento, facevano di sovente cose noiose e lunghi pisolini e trascorrevano le giornate pigramente, a discutere di cambiamento climatico e dell’importanza dell’Avvento. Erano tutti inquadrati, ciascuno aveva il suo ruolo, il suo posto, il suo destino. Uno sarebbe diventato l’albero di Natale di una piazza, un altro sarebbe finito nel salotto di una famiglia numerosa, un altro ancora sarebbe stato portato nei pressi di un centro commerciale. Nessuno di loro si poneva domande sul perché fosse lì, sul perché fosse speciale rispetto ad altri. Eppure, gli alberi della foresta vicina al villaggio di Babbo Natale erano sempre stati definiti speciali, in un certo senso, diversi dagli altri, ma, ormai, pochi si chiedevano la ragione di questa eccezionalità.
Gli abeti stessi pensavano andasse di moda comportarsi in modo normale, mantenere un basso profilo, così da essere competitivi con gli altri abeti in commercio. Il business natalizio, infatti, aveva standard definiti: il prodotto doveva essere di un certo tipo e con determinate caratteristiche, non presentare quelli che qualche umano avrebbe definito “difetti di fabbricazione”.
Così, quando, tra gli abeti qualcuno si distingueva per qualche ragione, gli altri incominciavano a maltrattarlo e sgridarlo, finché quest’ultimo non smetteva.
Abe era piccolo, quando iniziò a mostrare lati del carattere sgraditi ai suoi simili. Tuttavia, grazie agli insegnamenti di alcuni alberi tutori buoni, non venne scoraggiato immediatamente come gli altri. Crebbe, conservando le proprie predisposizioni particolari.La sera, quando nell’abetaia calava completamente il silenzio, Abe, a voce bassissima, prendeva a cantare una melodia pacifica ed armoniosa. Quelle note solevano attirare gli animaletti del bosco. Questi ultimi, dopo essere usciti dalle proprie tane, a gruppi si riunivano intorno ad Abe e, come incantati, restavano ad ascoltarlo rapiti per ore, circondati da un’aura giallognola e calda. L’aurora boreale si scatenava ogni qual volta Abe si metteva a intonare una canzone, nel cuore della notte, quasi, come se anche il cielo fosse lieto di starlo a sentire. Il suo repertorio era vario: andava dalle ballate degli abeti, alle tradizionali canzoni di Natale, agli inni di lode alla vita, alla Terra e al cielo. Talvolta, si inventava persino le parole e interpretava a braccio, curandosi solo di portare i propri uditori a uno stato di pace e benessere.
Fu notato, l’antivigilia di Natale, da un’elfa che stava portando le renne di Babbo in giro a fare due passi. Stella rimase piacevolmente colpita dalla performance di Abe. Si sentì subito colma di gioia e felicità. Dalla punta degli stivaletti rossi, fino a quella del verde cappello, la giovane elfa riusciva a percepire una profonda volontà di fare del bene. Lo spirito del Natale si era insinuato in lei, come non era mai successo prima. Guardò in alto nel cielo e le parve di vedere la sagoma di un grande uomo con la barba che le sorrideva. Accanto ad esso, vi era anche un piccolo e tenero bambino.
Stella percepì calde lacrime rigarle il volto. Non si trattava di Babbo Natale, né di alcun essere terreno. Quella sagoma apparteneva forse a Dio? La sua anima era scossa dalla gioia, una gioia che non aveva eguali nelle cose del mondo. Era come se, attraverso Abe, lei fosse entrata in contatto con Lui, quell’entità che lei neppure pensava seriamente esistesse.
Si inginocchiò accanto ad Abe e pianse, umilmente, incapace di comprendere quegli strani sentimenti che avevano rapito il suo cuore.
Abe, vedendola, si arrestò. Gli animali del bosco lasciarono libero un varco, perché il giovane abete potesse guardarla più da vicino.
“Cosa ti prende?”le chiese.
Stella scosse il capo, timida e confusa insieme. Poi, disse: “Niente, solo che avevo totalmente scordato quale fosse il vero spirito del Natale… grazie a te, invece, l’ho percepito intensamente. Non è nelle cose materiali, nei pacchetti nei doni, è qui.”
Si battè il petto con la mano inguantata.
“Se non facciamo il nostro lavoro con generosità ed altruismo, non serve a niente essere elfi di Babbo Natale.”
Una voce profonda tossì, a pochi metri da loro. Affondando nella neve, un paio di pesanti stivali rossi si avvicinarono a Stella.
“Ben detto, cara.”proclamò l’uomo anziano e barbuto, togliendosi il cappello. “Vedo che hai imparato una grande lezione ed è tutto merito di quest’abete, che, anziché decidere di conformarsi agli altri, ha deciso di avere cura del proprio talento… vedi, è chi ha creato il mondo che ha distribuito i talenti… anche io, quando ero un uomo, mi chiamavano Nicholas ed ero un semplice giocattolaio… ma amavo così tanto fare quello che facevo che, un giorno, sono diventato Babbo Natale…”
Stella strabuzzò le palpebre. Non era il Babbo Natale a cui era abituata: quello era il Babbo Natale di un altro tempo, sembrava addirittura il primo Babbo Natale!
“…e lo stesso è stato per miei discendenti o per coloro che, dopo di loro, sono stati scelti per ricoprire il ruolo che un tempo era stato mio.”spiegò.
“Com’è possibile?”domandò Stella.
Abe sorrideva. Aveva già avuto occasione altre volte di incontrare il buon vecchio Nicholas.
“Ehehe… tutto può accadere, quando la vera magia del Natale si attiva. Sono qui, per svelarti un segreto che dovrai riportare negli annali degli elfi e condividere con i tuoi colleghi e col Babbo Natale di questo secolo! Abe e gli altri abeti derivano da una pianta che fiorì accanto a una grotta, a Betlemme, quando nacque sulla Terra, il figlio di chi creò il mondo. Quella razza di abeti fu benedetta, perché i loro antenati avevano avuto il privilegio di assistere alla venuta nel mondo di un bambino, un piccolo re umile e nudo, che volle farsi uomo e soffrire per salvare e portare sollievo a tutti. Così, quegli abeti acquisirono la facoltà di tramandare ad altri ciò che avevano visto… divennero annunciatori di gioia.”dichiarò solennemente colui che era stato il primo Babbo Natale.
“Pensavvo facesse caldo, dov’è nato quel bambino.”esclamò Stella. Sussultò, toccandosi il petto, e aggiunse: “Ma, a volte, si verificano cose che la ragione non sa come spiegare.”
“E, allora, l’unica scelta è credere.”affermò il primo Babbo Natale.
Gli abeti intorno ad Abe, risvegliatisi dal proprio sonno e udite le parole del primo Babbo Natale, ricordarono perché erano speciali. Ciascuno di loro promise di tenerlo a mente per sempre e di non preoccuparsi più di rivelarsi competitivi nel business natalizio.
“Continuate così… che gli alberi come Abe vadano nel mondo a rilasciare gioia e calore! E gli elfi come te possano non fare mai più il proprio lavoro senza metterci il cuore!”detto ciò, rivolse un cenno di saluto breve, con la mano, a Stella ed Abe, dopodiché, si dissolse nel vento, come una polverina brillante.
Stella ringraziò Abe, poi fece ritorno al villaggio di Babbo Natale e mise tutti al corrente dell’accaduto. Gli annali degli elfi furono aggiornati e tutti furono pieni di un rinnovato e più potente spirito natalizio.
Gli abeti di quel luogo, compresa la propria eccezionalità, chiesero ad Abe di insegnare loro come trasmettere il messaggio di pace e di amore che il creatore del mondo e suo figlio avevano voluto lasciare in eredità ad ogni essere vivente. Impararono, così, che ognuno, nel suo piccolo, possiede doni unici e speciali, con cui, se volesse, sarebbe in grado di fare la propria parte per il bene di tutti.
A cura di Franny.
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