Il mercante imbroglione- racconto

Ciao a tutti, dopo qualche giorno di assenza, rieccomi!

Oggi voglio postare un racconto che ho scritto qualche anno fa, incentrato sull’onestà e l’importanza del pentimento, “Il mercante imbroglione”.

Il mercante imbroglione

C’era, in un luogo molto lontano, un mercante che diceva di saper vendere tutto e niente, di avere le maggiori meraviglie del mondo e i peggiori orrori della terra, le cose più piccole e anche le più grandi… tutto nel suo piccolo banchetto di legno.

Abrhan stava all’ombra, durante l’estate, sotto la grande tettoia di stoffa che si era fabbricato.

Allestiva il suo banco il mercoledì, giorno di mercato, e vendeva quanto più gli era possibile agli ignari compratori.

Un giorno capitò che barattasse persino una comune palla di vetro, facendola passare per una sfera dai magici poteri, con il vaso prezioso di un presunto stregone.

“Fa’ attenzione a questo vaso.”gli disse lo stregone. “Non riempirlo. Non bagnarlo. Ma soprattutto non romperlo… perché verrà, te l’assicuro, il momento in cui vorrai farlo.”

Abrhan che a nessuno dava retta, certamente non avrebbe ascoltato un vecchio stregone, in quanto, per giunta, si dichiarava irrimediabilmente scettico alla magia.

Così, preso il vaso, lo mise assieme alle altre anticaglie, che si era procurato un po’ qui e un po’ là, nei suoi viaggi di commercio, tra un villaggio e un altro.

“Un vaso che non bisogna riempire? Un vaso che non bisogna bagnare? Un vaso che non bisogna rompere? E quale grande utilità avrà mai una cosa del genere? Certo quello stregone è stato più imbroglione di quanto io sia mai stato in vita mia! Vedrà, se sarò così sciocco da credergli!”

Al che, decise che il primo venuto sarebbe stato il prescelto compratore del vaso.

Passarono molti giorni e numerose persone si fermarono a dare un’occhiata alla merce che stava sul suo banchetto.

Fatto strano, però, quella settimana, nessuno comprò nulla. Nessuna donna volle, infatti, abbellirsi coi maestosi gioielli, che Abrhan giurava fossero appartenuti alle grandi maestà dell’Occidente. Nessun uomo volle adornare i propri abiti con adeguate cinture o calzare ai propri piedi sandali comodi, che potevano essere stati indossati da uno dei famosi dei dell’Oriente. Nessun vecchio si fermò a curiosare fra i libri. Nessun bambino fra i giochi del piccolo faraone morto, che Abrhan diceva alla povera gente essere divenuto leggenda.

Abrhan se ne stupì assai.

A lui sembrò una cosa tanto anomala, che quella notte non riuscì a dormirvi su e pensò in tutti i modi a una soluzione plausibile.

Probabilmente qualcuno doveva aver svelato i suoi inganni e sparso la notizia a destra e a manca, di modo che nessuno più lo voleva ascoltare.

Così, il giorno seguente, decise di lasciare il paese e fare un altro tentativo in un paese in cui non era conosciuto.

Il vecchio e ignorante mercante, tuttavia, trovò che anche là la gente non voleva comprare le sue cose e se ne stupì in maniera ancora maggiore, poiché, pensava, nessuno lo conosceva.

Si risolse, dunque, dopo un’ulteriore notte passata a riflettere, ad andare ancora più lontano dal posto da cui era partito.

Forse, pensava, la notizia si era diffusa così in lungo e in largo da non avergli neppure dato il tempo di rifarsi nella città vicina al paese, nel quale usualmente commerciava.

Finì che camminò per oltre 50.000 passi, prima di arrivare in un paese che gli sembrasse adatto per i suoi affari.

Quando vi giunse, tutti lo accolsero benevolmente.

“E’ posto per me qui!”si disse. “Guarda, Abrhan, come la gente benevolmente ti sorride!”

Trovò persino un luogo ombroso, dove allestire il suo banchetto, e risultò davvero contento di tutto ciò.

Il giorno seguente, però, giorno di mercato, nuovamente nessuno sembrò interessato alla sua mercanzia.

Il mercante, adirato nella sua ignoranza, capì che, anche se i suoi innumerevoli inganni fossero stati scoperti, non poteva essere che la novella fosse giunta fino in quel paese. Aveva percorso 50.000 passi per nulla!

Doveva esserci un’altra ragione per cui la sua merce non si vendeva più.

Allora stabilì di fare caso a ciò che la gente faceva, quando si avvicinava al banco di mercato.

Guardò storto un uomo baffuto che passò senza esaminare nulla.

Disturbò una vecchietta orgogliosa, che, preso in mano un oggetto per osservarlo più da vicino, lo ripose nuovamente sul tavolo.

Canzonò un bambinetto smorfioso che nulla ne volle sapere dei giochi del faraone morto bambino.

A sera inoltrata, quindi, disfatto il banco, decise di andarsene a letto.

Poi, fatto strano, capitò che il suo sguardo ricadesse sul vaso.

Quello se ne stava fermo, lì, brillante e orgoglioso, alla luce del sole calante, dove l’aveva messo, per sbarazzarsene, un po’ più in vista degli altri.

“La sua roba fa schifo!”gli parve di sentir sussurrare, quando l’ennesimo uomo passò di lì senza voltarsi.

Si guardò intorno, frastornato, senza capire da dove ne venisse la voce.

“E’ un truffatore.”ribadì. “Un truffatore bello e buono. Vuole i vostri soldi e nient’altro.”

Una donna, che si era fermata a curiosare, se ne andò stizzita, con la polvere fuori dai sandali.

“Come? Come?”

A una buon’ora il mercante rimase tutto solo e sconsolato, coi gomiti sul tavolo e la testa ciondolante fra le mani.

“Chi mai…? Chi mai…? O mi immagino le voci o la voce me la porto dietro da quando sono partito!”esclamò tristemente.

Ci fu un attimo di silenzio.

Poi, improvvisamente: “Te la porti dietro da quando sei partito.”disse.

“Sono io! Sono io!”riprese la voce gutturale.

“Come?”chiese. “Chi?”

“Io… il vaso.”

“Eh?”

Guardò il vaso, lo sollevò e vide una crepa formarsi sul suo pancione, come se volesse parlare, e, effettivamente, quello si mise anche a parlare.

“Cosa vuoi?”domandò. “Perché mi fai tutto questo?”

“Aiutarti.”rispose quello. “Aiutare… ad essere un uomo onesto, buono e migliore. Questa è la tua possibilità. Il mago, mio padrone, scoperti i tuoi imbrogli, l’ha vista per te.”

“Aiutarmi?”rise Abrhan. “Tu mi stai facendo perdere tutto quello che avevo guadagnato sinora!”

“Ingiustamente.”sottolineò il vaso.

Al che il mercante, irato e incredulo insieme, gli tappò la bocca istantaneamente.

“Ora vedrai che ne farò di te! Vedrai se non riesco a sbarazzarmi di una cosetta piccola come te!”

Quello gli morse un dito della mano e disse: “Non ci riuscirai. Ogni tua azione ha delle conseguenze.”

“Redimiti, diventa buono e tutto cambierà per te. Avrai soldi in abbondanza e cibo ogni giorno della tua vita, te lo giuro.”

Il mercante scosse il capo, sconcertato.

“Sei solo un vaso, uno stupido vaso! Non crederò mai alle tue parole! A malapena mangio ora, figurati se la smettessi di imbrogliare i miei clienti.”
“Come vuoi.”dichiarò il vaso. “Io sono qui solo per darti consigli. Il resto dipende da te.”

“Dipende da me?”si chiese, mentre un ghigno maligno gli si disegnava sul volto.

Pensò a come avrebbe potuto fare per disfarsene definitivamente.

“Nessuno ti vuole. Nessuno ti compra. E, se non mi sbarazzo di te, nessuno comprerà più nulla. Ma io non ci credo alle parole del mago, io ti rompo! Ti rompo e chi si è visto si è visto!”

Così, quella notte, nel silenzio delle case, in un clamoroso istante si sentì un sonoro rumore di cocci e qualcosa come un urlo sottile, seguito da un successivo “te l’avevo detto”, che alle orecchie di nessuno fu udibile.

“Bene! Domani andrà meglio la mia vendita!”e, detto ciò, messosi addosso un caldo mantello, coricato sulla nuda terra, si addormentò.

L’indomani, come previsto, riallestì il banchetto e, tutto soddisfatto e contento, si preparò a ricevere la clientela.

Trascorsero veloci le ore della mattinata, ma nessuno venne al banco del mercante Abrhan.

Così Abrhan, irritato nella sua ignoranza, si chiese perché, mentre pestava scalmanatamente i piedoni sporchi e fuligginosi per terra.

Si guardò intorno trafelato e si disse che no, non c’era nessun vaso a portargli sfortuna.

Quindi, lasciato incustodito il banco, decise di andare a vedere che cosa fosse successo.

Poi, d’improvviso, vide una frotta di gente che stava affollata intorno a qualcosa.

Si sentiva un vociare confuso e sottile e come un balzellio incessante.

Si fece largo a gomitate, fra la folla.

“Cos’è? Cos’è che richiama tanto il vostro interesse?”

Quando lo vide, però, non volle credere ai suoi stessi occhi.

“Lo dico, signori, chiaramente… è un gran ciarlatano e imbroglione… un uomo, senza magia, senza tesori… un uomo di cuore arido, ma ricco dell’avidità dei soldi.”

Il… il vaso era… di nuovo… vivo?

Incredibile ciò che stava osservando: esattamente il vaso che stava parlando.

“…ve lo giuro…” e fece un altro saltello, poi una fenditura nel coccio si aprì proprio come se avesse una bocca e quello parlò di nuovo.

“E’ lui.”disse una donna, riconoscendo il mercante.

“E’ lui.”ribadì allora il vaso saltellante.

Pareva ridersela allegramente della sua sventura.

“Ecco, so che nessuno di voi ha speso in maniera avventata i suoi soldi.”proclamò.

“Come?”strillò il mercante, ancora incredulo.

Avanzò verso il vaso, stropicciandosi gli occhi.

Quello, comprese le sue malvagie intenzioni, prese a correre per tutta la piazza e riuscì fortunatamente a sfuggire alle sue mani.

E Abhran, ormai convintosi di esser divenuto pazzo, tornò al suo banco tutto boccheggiante.

Ahimè, là, non trovò nulla di ciò che aveva lasciato.

Solo la grande tettoia di stoffa, afflosciata, e alcuni sonagli rotti, accanto ai frammenti di un grosso e antico specchio.

“La mia merce! Tutta la mia ricchezza perduta!”urlò.

Comprese che la gente era sta invitata a prendersi quanto le spettava dal vaso.

“Ladre genti!”bofonchiò.

Come avrebbe ricostruito il tutto dal nulla?

Avrebbe dovuto pensarci prima di imbrogliare tante povere persone ingenue e, di sovente, anche indigenti, promettendo loro ori e argenti in cambio di un semplice acquisto.

Il vaso? Quello era andato!

Lo stregone lo aveva imbrogliato… o il risultato dei suoi imbrogli era stato l’imbrogliare se stesso?

Oh, no. Non poteva davvero permettere che tutto ciò si compisse.

Il volere del mago era un volere sbandato.

Quanti altri malvagi vi erano, oltre a lui, nel creato! Perché interessarsi di quello che faceva lui?
In fondo non imbrogliava che qualche vedova, qualche povero zoppo, qualche vecchio o bambino, gente di tutte le razze, di tutte le età, di tutti i tipi…

Ma per il suo bene: per mangiare.

Lui non ci credeva a ciò che il vaso gli aveva detto. Chi mai avrebbe davvero potuto promettergli cibo e soldi in abbondanza per tutta la vita? Un vaso? Un mago da strapazzo? Meglio essere crudeli e cattivi! Si deve… per sopravvivere al mondo!

Così, quella sera, accovacciatosi, quatto quatto, dietro al bancone, ormai convinto che il vaso sarebbe tornato, prospettava piani di vendetta.

Non avrebbe potuto romperlo, no! Lo stregone aveva avuto ragione: quello ormai gli era nemico e si era crudelmente vendicato.

Cosa fare allora?

Ecco la soluzione! L’avrebbe bloccato in un posto, di modo che non scappasse più.

Se non serviva romperlo, lo avrebbe riempito di grossi massi e, quello, pesante, non si sarebbe potuto più muovere.

Allora aspettò con ansia il momento in cui il vaso sarebbe ritornato.
Trascorsero diverse ore, poi, proprio mentre stava per assopirsi, il vaso arrivò.

Lo sentì a causa dei continui balzelli.

Lo vide.

“Oh, salve mercante.”lo salutò il vaso. “Hai visto?”
Pareva prenderlo in giro.

“Ora non hai più nulla… ma, se vuoi, io ti cedo il mio aiuto e faccio in modo che si ricostruisca tutto!”

Il mercante, di fronte a quella possibilità, non volle rifiutare.

“Grazie vaso!”e si finse pentito, buttandosi in ginocchio di fronte a lui. “Chiedo perdono!”

Al che, quello scomparve in un alone luminoso e riapparve poco dopo con ingenti ricchezze, oggetti ancor più belli di quelli ormai svaniti fra le mani avide delle genti arrabbiate.

Sorrise e si buttò nuovamente in ginocchio, dinanzi al piede del vaso.

“Ti prego, dimmi! Dimmi come posso ringraziarti!”

Quello rispose: “Sii buono e onesto con tutti coloro che verranno.”
“Va bene!”concluse il mercante. “Però lascia che ti abbracci, amico mio.”
Il vaso, che non ci vedeva nulla di male, si avvicinò.

A quel punto Abrhan lo prese, lo strinse forte fra le sue braccia e corse via lontano.

Portò il vaso sulla riva di un fiume e lo riempì di pietre, poi, mentre quello imprecava e supplicava, lo buttò sul fondo con innata violenza.

“Me la pagherai. Io ti ho dato tutto. Torna al tuo banco e vedrai la sorpresa!”

Abrhan, per nulla spaventato da quell’ultima minaccia, che pensava dovuta alla paura, tornò al banco e lo trovò come l’aveva lasciato, pieno di oggetti d’ingente ricchezza.

“Bene.”disse e si coricò sulla nuda terra, sotto la fredda luna della notte. “Domani sarà un giorno fortunato per Abrhan il mercante.”

Il mattino dopo, già sveglio all’apparir del sole, trovò una gran folla di gente dinanzi al suo banco ad ammirare i suoi oggetti.

“Buongiorno.”disse loro. “Volete comprare?”

Molta gente annuì, quindi, e si vendettero numerosi oggetti.

Alla fine della giornata, il mercante vide che aveva venduto quasi tutto e ne fu contento.

“Ora sì che starò bene per una vita intera.”disse. “Guarda come aveva ragione quello stupido vaso!”

Tuttavia, al calar della sera, la gente ritornò con mucchi di polvere fra le mani.

“La tua merce! Tutto è svanito!”urlò un uomo.

“Sei davvero l’imbroglione che pensavamo fossi!”gridò una donna.

E tutti presero a rincorrerlo a destra e a manca, mentre se ne andava coi soldi.

Il vaso era sparito davvero, ma, con lui, pure tutte le sue ricchezze!

L’uomo sfuggì alla folla per un pelo, ma le guardie del paese lo ritrovarono in un altro paese.

Allora l’uomo fu preso e portato in prigione.

Quella notte sarebbe stata la sua ultima notte.

L’indomani la sua testa sarebbe rotolata lontano dal suo collo, come si usava fare da quelle parti con chi trasgrediva le leggi dei sovrani.

Al mattino venne preso. Gli legarono strette le mani e lo portarono nella vecchia piazza in cui vendeva, perché fosse giustiziato.

Ora chiedeva pietà il poverino!

Un boia giunse accanto a lui con una grande ascia acuminata.

Si chinò su di lui, poco prima di compiere il gesto, per chiedergli, come consuetamente si faceva, se avesse avuto un ultimo desiderio da esprimere.

“La prego!”brontolò il mercante. “Non mi uccida! Sono un uomo onesto e buono! Non ho mai imbrogliato alcuno in tutta la mia vita!”

Quello rise e, dopo che si fu levato il cappuccio, Abhran, incredibilmente lo riconobbe.

“Lo stregone!”urlò. “Lei è l’inizio di tutti i miei problemi!”

Il mago scosse prontamente il capo.
“Come tutti coloro che ho voluto aiutare… anche con te è stato inutile… ben consapevole che mi avessi imbrogliato, ho voluto punirti e darti anche una possibilità di rimediare. Ora ti penti delle tue colpe, imbroglione?”

“No!”urlò il mercante. “No!”ribadì con tutto il fiato. “Io non ho imbrogliato nessuno. Mai!”

“Bene!”dichiarò lo stregone. “Se ti fossi pentito, ti avrei data salva la vita e ti avrei insegnato a vivere onestamente. Non ti è bastato uccidere il mio vaso… neppure mi dai ascolto! Bene… il tuo destino è deciso.”
E, con un secco colpo di ascia, la vita del mercante rotolò lontano.

Il suo orgoglio e i suoi misfatti lo uccisero.

Tendi la mano verso un imbroglione e vedi quanto è puro il suo cuore: chi si pente, è sempre in tempo per salvarsi la vita. Chi non lo fa, giunge ad un passo dalla fossa e quella, secondo il mago, alla fine, sebbene crudele, è la punizione che si merita.

A cura di Franny.

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