1917-film

Voglio parlarvi di un film che ho visto con alcuni amici. Si tratta di 1917, un film d’azione di genere storico, che affronta in forma inusuale e originale diversi temi della guerra. L’ambientazione è tra le più classiche -siamo nel bel mezzo del primo conflitto mondiale-, ma la relazione che viene sin da subito ad instaurarsi tra lo spettatore e lo schermo è del tutto singolare. E’ un 1:1, che coinvolge e permette al pubblico di mettersi nei panni del protagonista, dato che quest’ultimo recita in solitaria nella maggior parte delle scene. Tale scelta poco convenzionale è stata fatta, insieme a quella di prediligere probabilmente la tecnica di ripresa del piano sequenza, col fine di dare alle circostanze un aspetto più impersonale ed oggettivo, tanto da far sembrare il tutto un avvincente, e a tratti drammatico, tuffo nei ricordi di un nonno o di un veterano di guerra. Quando il caporale britannico William Schofield (interpretato da George MacKay) rischia la vita, salvandosi per un pelo, quando vede un compagno morire, quando attraversa le trincee, è un uomo qualunque, in cui chiunque può riconoscersi. Non è l’eroe, ma un eroe improvvisato e inconsapevole, che affronta di tutto pur di fare il suo dovere di soldato, eseguire degli ordini, sopravvivere e tornare a casa dalla propria famiglia. Il ritaglio -quasi sartoriale- dei momenti in cui sullo schermo compaiono grandi attori, nei ruoli di generale, colonnello o tenente, come Colin Firth o Benedict Cumberbatch o ancora Richard Madden, è un’altra componente fondamentale di questa strategia narrativa, che ha fra i suoi scopi primari quello di svestire la guerra del suo alone mitologico e riportare coi piedi per terra tutti i suoi simpatizzanti. Il film mostra nel concreto ciò che il gioco bellico è: un massacro e una corsa contro il tempo, spesso impossibile, per salvare vite, attraverso tattiche, gesti di eroismo e contro-tattiche, che talvolta, come ricorda il Colonnello Mackenzie alla fine, servono solo a ritardare temporaneamente l’inevitabile.

“Questa guerra può finire solo in un modo: vince chi sopravvive.” (Colonnello Mackenzie)

L’effetto, quasi sicuramente voluto dal regista Sam Mendes e dal direttore della fotografia Roger Deakins, è quello di una narrazione verista, che non intende approfondire troppo neanche la caratterizzazione dei personaggi, come non era stato fatto neppure da Christopher Nolan in Dunkirk, in modo da permettere a tutti di riconoscersi nei fatti riportati.

A me, personalmente, la pellicola ha ricordato i racconti quasi inverosimili e incredibili di mio nonno, che, più di una volta, si salvò per miracolo, per la chiusura improvvisa di una porta, per la gentilezza di una fanciulla che gli aveva cucito un cappello di pelliccia, per l’istintiva comprensione di un termine straniero pronunciato da un soldato del fronte opposto…

La trama

William Schofield e il suo amico Tom Blake (interpretato da Dean-Charles Chapman) vengono scelti dal generale Erinmore (interpretato da Colin Firth) per raggiungere il 2° Battaglione del Devonshire Regiment, consegnare al colonnello Mackenzie (interpretato da Benedict Cumberbatch) l’ordine di interrompere l’attacco programmato contro i tedeschi -organizzato preventivamente sulla base della convinzione errata che questi ultimi si stessero ritirando da un settore del fronte occidentale- e salvare così 1.600 uomini. L’ordine viene emanato, in seguito alla scoperta da parte della ricognizione aerea del vero piano dei nemici: attestarsi su una nuova linea difensiva più attrezzata e tendere una trappola ai britannici. Le linee telefoniche sono interrotte, così il compito di portare il messaggio passa nelle mani di due uomini comuni, due semplici e coraggiosi ragazzi.

Riusciranno a portare a termine la missione?

Ecco il trailer:

A cura di Franny.

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